VEREAD

Una pedagogia innovativa nello studio delle religioni

Il progetto VEREAD, una iniziativa promossa da FSCIRE e supportata dall'UE attraverso Erasmus+, mira a ridefinire l'apprendimento virtuale nelle università. 

Con un focus specifico sul Virtual Exchanges in Religious Euro-African Dialogue, VEREAD si propone di introdurre un nuovo approccio pedagogico attraverso l’implementazione di un ciclo di incontri formativi online e sessioni interattive che abbracciano lo studio delle religioni.

In questo contesto, l’intervista ad Alessandro D’Antone (Dipartimento di Pedagogia Generale e Sociale, Facoltà di Educazione e Scienze Umane dell’Università di Modena e Reggio Emilia), formatore nell’ambito del progetto, offre una prospettiva approfondita sul nucleo pedagogico del progetto, evidenziando come la preparazione dei docenti per il programma di Scambi Virtuali vada ben oltre il semplice miglioramento delle abilità didattiche. La centralità del contenuto e dello stile di insegnamento, secondo D’Antone, risiede nel loro ruolo di mediatori nell'incontro, nello scambio e nel confronto tra le diversità culturali, sottolineando l'importanza della connessione tra persone attraverso le loro differenze.

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Nella preparazione dei professori per il Programma Veread di Scambi Virtuali, quali competenze interculturali chiave vengono accentuate per assicurare che le future aule virtuali sostengano e coinvolgano studenti di diversi contesti culturali e accademici?

La preparazione dei docenti per lo Scambio Virtuale non è una "questione di fatto", e non sarebbe solo una questione di migliorare o testare le abilità didattiche e disciplinari: se il contenuto trasmesso dai docenti è centrale, come lo è lo stile di insegnamento di ciascuno, questa centralità è dovuta al ruolo che il contenuto gioca nel trasmettere la possibilità di incontrare, scambiare, confliggere (in modo pedagogicamente supportivo) e confrontarsi con l'alterità.
Il valore fondamentale qui è la connessione tra le persone attraverso le loro differenze con il contenuto culturale come oggetto di mediazione. È importante considerare che il progetto ha, come aspetto cruciale, il dialogo interculturale e interreligioso: la profondità del contenuto culturale ha valore in sé, ma assume il suo pieno potenziale quando diventa il substrato culturale per il lavoro di gruppo, la comunicazione e la connessione tra studenti di diverse università, verso una prospettiva transnazionale. Ecco perché la formazione continua dei docenti va di pari passo con la formazione dei facilitatori. Infatti, è attraverso i facilitatori che possiamo considerare meglio il gruppo come un oggetto pedagogico e dispositivo, la sua osservazione e monitoraggio, le sue dinamiche e stili di interazione, così come il potenziamento degli scambi individuali all'interno della costruzione di comunità di pensiero e riflessione comuni.

Quali passi vengono compiuti per armonizzare i diversi approcci pedagogici nella co-progettazione dei moduli educativi di questo programma?

Con la pianificazione del progetto e la guida di Claudio Dondi, un formatore esperto nel campo dello Scambio Virtuale, la sezione del progetto dedicata al Capacity Building non è – similmente a quanto avverrà nelle lezioni effettive – solo frontale, ma ha un carattere interattivo, riflessivo, con ampio spazio per la simulazione. Infatti, il lavoro è iniziato immediatamente seguendo questa prospettiva. Nel coinvolgere ogni università in base ai corsi che potrebbe erogare in Scambio Virtuale, si sono tenute discussioni su come strutturare ogni gruppo di lavoro in coppie di università, simulando il tipo di consegna con una base già strutturata per promuovere dialogo e interazione interculturale e interdisciplinare.
Questo aspetto non solo ha permesso ai docenti di concettualizzare meglio il contenuto dei rispettivi corsi, ma ha anche assicurato la partecipazione dei facilitatori in questo processo di definizione all'interno del Programma di Capacity Building. Da un punto di vista pedagogico, l'elemento vincolante è rappresentato dai piccoli lavori di gruppo come caratteristica strutturale costante: indipendentemente dal tema affrontato, ogni unità di Scambio Virtuale dovrebbe valorizzare i contributi di piccoli gruppi transnazionali che possono lavorare sia nella forma di Project Work sia attraverso discussioni e dibattiti su argomenti proposti dal docente. La variabilità degli stili individuali (che garantisce autonomia e libertà di insegnamento) è accompagnata dalla progettazione di ambienti cooperativi, sebbene virtuali, che, con il supporto dei facilitatori, assicurano uno scambio più profondo tra i partecipanti.

Che formazione o supporto viene fornito ai futuri facilitatori per attrezzarli al loro ruolo in un ambiente di apprendimento online multiculturale e interattivo?

Diversamente dai docenti, che sono esperti in una specifica disciplina, non abbiamo adottato un criterio di familiarità con la disciplina per il reclutamento dei facilitatori. Certamente, la conoscenza specifica del settore può aiutare significativamente il lavoro. Tuttavia, l'aspetto cruciale per noi riguardava le competenze che potrebbero essere utilizzate all'interno delle dinamiche di gruppo e nel supportare il lavoro dei docenti. Pertanto, gli aspetti su cui i facilitatori si concentreranno maggiormente sono: l'attenzione alla formazione del gruppo, il suo monitoraggio e supporto per il lavoro; la promozione di spazi e temi per lo scambio autonomo da accompagnare con momenti condotti sotto la supervisione del facilitatore; l'osservazione delle dinamiche emergenti all'interno dei gruppi; e, non da ultimo, una forma di monitoraggio per assicurare che il docente possa formulare una valutazione del lavoro svolto non solo sulla base delle prestazioni effettive, ma su una corretta valutazione dei processi di lavoro nel loro insieme – essenzialmente, una prospettiva di valutazione formativa. In sintesi, i facilitatori rappresentano una risorsa molto importante per questo progetto, aiutandolo a superare la mera didattica frontale; al tempo stesso, non dovrebbero essere considerati come un'alternativa ai docenti. Al contrario, i facilitatori hanno un ruolo di supporto al docente, collaborando con i docenti per promuovere la dimensione cooperativa del progetto.

Alla luce della natura collaborativa del progetto che coinvolge vari contesti, quali misure vengono ora adottate per affrontare le potenziali limitazioni che potrebbero influenzare i partecipanti una volta che iniziano le sessioni studentesche?

Ogni università ha adottato misure e precauzioni per garantire una partecipazione attiva e coerente degli studenti. Pertanto, ci sono misure di supporto istituzionale, particolarmente critiche e importanti nelle università dove, ad esempio, la connessione a Internet non è sempre disponibile e stabile. Allo stesso tempo, si è cercato di promuovere una prospettiva di lavoro che sia strutturalmente online, ma che potesse coinvolgere momenti in presenza e ibridi, specialmente per i piccoli lavori di gruppo. In questo modo, la dimensione dell'interazione personale può essere pienamente recuperata nella sua densità educativa, mentre, allo stesso tempo, gruppi di studenti possono sia frequentare l'apprendimento a distanza in un'unica aula con uno o pochi dispositivi, sia supportare il lavoro online con scambi in presenza.
Infatti, la stessa composizione del corso rappresenta una precauzione per assicurare che tutti possano partecipare attivamente e consapevolmente: attraverso la co-progettazione tra due università, i moduli non sono erogati solo dai singoli dipartimenti, ma attraverso uno scambio tra più docenti, con l'obiettivo di coinvolgere un bacino di studenti più ampio su temi che possono essere interessanti e innovativi proprio perché interdisciplinari. In questo contesto, il ruolo dei facilitatori diventa particolarmente importante come supporto ai docenti, per assicurare che i corsi in Scambio Virtuale non siano solo seminari teorici, ma veri e propri ambienti per la discussione e lo scambio basati sul lavoro di gruppo. Come precedentemente affermato, ciò non toglie il ruolo centrale del lavoro dei docenti e del loro contenuto basato culturalmente e disciplinarmente; piuttosto, aiuta a concentrarsi più strutturalmente sui processi di cooperazione e scambio che rappresentano il momento cruciale del progetto VEREAD.

Secondo lei e in due parole, qual è l'aspetto più innovativo di questo programma di formazione?

Credo che, sia dall'esperienza diretta sia alla luce degli scambi che ho avuto finora con i colleghi, l'aspetto più innovativo riguardi proprio la possibilità di garantire che i momenti di formazione transnazionale abbiano sia una forte dimensione culturale sia un quadro pedagogico che valorizzi l'interazione tra i partecipanti a un livello collaterale e profondo. Questa è una sfida interessante che, all'interno del progetto, cercheremo gradualmente di implementare e realizzare.

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Il programma di Capacity Building, destinato ai docenti e ai facilitatori di VEREAD, comprende otto sessioni. Il progetto coinvolge istituzioni accademiche di oltre 12 paesi in Africa e Europa e mira a coinvolgere più di 2500 studenti internazionali nel corso dei prossimi tre anni.